Laurino
Risalente al III sec. a. C. , sorge nell’alta Valle del Calore nel cuore del parco del Cilento su di una rupe staccatasi dal Monte Cavallo. L’origine del nome dovrebbe collegarsi ai lauri che ricoprono le colline intorno e la vallata sottostante.Ha potuto vantare la presenza di molti artisti, letterati, giureconsulti; fu paese di artigiani di gran pregio ed illuminati cultori della terra. Nella storia della tipografia italiana, Laurino è famoso perché vi fu fondata la prima stamperia. I libri che vi furono stampati tra il XV e il XVI sec. si distinsero per la nitidezza e l’accuratezza delle correzioni. Fra gli altri viene citata dall’Antonini un’opera legale impressa secondo il modello di questa stamperia ed è datata 1510. Testimonianza di vitalità di attività civili e democratiche è il “Seggio” nella piazza principale.
Centro di grande cultura religiosa, ebbe il privilegio di ospitare dei sinodi. Abbarbicato su uno sperone roccioso proteso sull’abisso, Laurino è uno dei comuni più popolati, affascinanti e ricchi di storia della valle del Calore. A buon diritto Laurino può fregiarsi del titolo di Città d’arte.
Da vedere la Collegiata di Santa Maria Maggiore, che risale all’anno Mille, resa famosa dai numerosi sinodi celebrati in essa; il più importante dei quali fu quello del 12-13 e 14 dicembre 1649 sotto Monsignor Tommaso Carafa.
Da non perdere la Festività della Santa Patrona Elena, che ricorre diverse volte all’anno, tale è la devozione alla santa: 22 maggio, 18 agosto, 10 ottobre. Il 29 giugno, poi, in pellegrinaggio ci si reca in località Pruno presso la grotta di Sant’Elena dove ella morì. Una tradizione legata alla Santa è rappresentata dalle fanoie, che ogni domenica di maggio si accendono nei vari rioni dove vengono intonati canti in suo onore.
Cosa Vedere...
- Palazzo Civico, menzionato fin dal 1225, da quando molti atti giuridici si svolgevano nel suo portico
Palazzo Gaudiani
Collegiata di Santa Maria Maggiore, che risale all’anno Mille, resa famosa dai numerosi sinodi celebrati in essa; il più importante dei quali fu quello del 12-13 e 14 dicembre 1649 sotto Monsignor Tommaso Carafa. Il nucleo più antico della chiesa, eretta a collegiata nel 1577, va individuato nella cripta che occupa la parte sottostante il presbiterio ed il coro ligneo. L’unica navata è coronata da un ampio presbiterio. Sulla parete di sinistra è collocato il pulpito in legno scolpito da Vincenzo Ippolito di Laurino, della fine del secolo scorso; vi è fra l’altro riprodotta l’urna di Sant’Elena, morta eremita in una grotta del Monte Pruno, le cui spoglie mortali furono riportate a Laurino nel 1882, dopo essere state per secoli oggetto di dono e di venerazione in varie sedi episcopali
Teatro Comunale: fin dal ‘700 ha avuto un teatro comunale eretto sui resti dell’antico convento di Sant’Agostino. Dagli anni ‘30 agli anni ‘50 ebbe modo di ospitare ottime compagnie teatrali soprattutto di Napoli
Chiesa di Ognissanti, antichissima. Nella chiesa sono conservate belle pitture tra cui l’Adorazione dei Magi che risale alla seconda metà del 400 e fa parte del coro, ricco di arte; nella parete di destra della navata si trova un bel quadro ad olio
Chiesa dell’Annunziata risale al 1500. È ad una sola navata, ha un altare maggiore con molte decorazioni ed una stupenda aquila nel Ciborio. Vi è raffigurata la Madonna con l’Angelo in una pregevole pittura del 1577 ad opera di Girolamo Siciliano. Si notano in particolare l’altare della Madonna della Neve e l’altare di San Giuseppe. Il soffitto è riccamente decorato con l’immagine di Sant’Elena
Chiesa di Sant’Antonio da Padova. Il portale ligneo d’ingresso, con figure in bassorilievo di Sant’Antonio, San Francesco ed altri santi, opera di Gerolamo Consulmagno, maestro di intaglio di Aquara, introduce in uno spazio decorato da stucchi pregevoli, con un altare maggiore anch’esso in legno, attorniato da altri otto altari fatti costruire da note famiglie patrizie
Chiesa di San Matteo del 1259
Chiesa di San Pietro, di cui restano solo pochi ruderi
Chiesa di San Lorenzo, molto antica; vi si trova un grande crocifisso in legno del 1408 con la scritta “Magister Nicolaus me fecit”. Vi si trova inoltre una vecchia campana che la tradizione vuole che fosse suonata solo nei momenti più gravi per chiamare a raccolta il popolo, come in caso di guerre, di invasioni o altre calamità
Chiesa di San Biagio, costruita nel 1352, nella quale si conserva una preziosa tela che copre l’altare maggiore e che raffigura la deposizione della Croce. Ai piedi dell’altare di Santo Stefano una pittura davvero rara rappresentante l’ultima cena e la cattura di Cristo con San Pietro che taglia l’orecchio a Malco; la scena termina con la crocifissione
Cappella urbana di Santa Elena, con coperta con volta a botte con otto quadri dipinti sull’intonaco che esprimono i principali fatti della Santa. Nella nicchia dell’Altare Maggiore si trova la statua in legno di Santa Elena
Cappella di Santa Elena, che si trova nella Grotta del Bosco di Pruno. Qui la Santa condusse vita anacoretica e morì: la cappella è divenuta pertanto santuario per i Laurinesi, ad opera del municipio che vi fece erigere un altare e vi fece collocare una statua in marmo. Nella parte sinistra dell’altare si vede l’antico sepolcro della Beata
Cappella di San Michele Arcangelo fu eretta dai Longobardi nella grotta delle falde del Monte detto Costa della Salvia. Sull’altare nel 1800 fu eretta una statua del Santo
Cappella della Madonna della Scordata, che non possiede un altare
Cappella di Santa Maria del Carmelo. Sull’altare si trova l’immagine di Nostra Signora del Carmine dipinta su una tavola
Cappella di Santa Maria delle Grazie; sul muro ci sono alcune immagini dipinte nel 1599; vi si trova l’altare di S. Eligio con sepoltura
Cappelle di San Cataldo, San Rocco, San Giovanni e Santa Maria del Mondo
Cappelle private di Santa Lucia, San Nicola del Pozzo e San Nicolò da Bari
Antiquarium, dove è custodito il patrimonio (vasi di terracotta, punte di freccia, macine, lame, resti vegetali ed animali) strappato in parte alle viscere della terra, nei pressi di Laurino, le cui remotissime origini sono documentate soprattutto da alcuni giacimenti archeologici come la grotta dei Fraulusi in località Pruno e la Tempa di San Giovanni
Convento di Sant’Antonio da Padova. L’ingresso è sorretto da pilastri arricchiti da numerose pitture che rievocano la vita del Santo. Annessa al convento vi è la chiesa a cui si accede dal Pronao sulla cui volta si ammirano ricchi dipinti sulla vita di Sant’Antonio. Un’opera d’arte ammirevole è la porta di ingresso tutta in legno scolpito in diversi riquadri racchiusi in cornici. La chiesa ha una sola nave e il soffitto in legno tutto riccamente decorato con scene del trionfo di S. Antonio con molti suoi miracoli. Molto pregiato è senza dubbio l’altare maggiore, tutto in legno scolpito e decorato con la effigie del Salvatore sul ciborio. Arricchiscono la chiesa altri otto altari, ai cui lati ci sono tumuli e lapidi di persone illustri
Convento di San Benedetto
Convento di Sant’Agostino, di cui resta oggi solo la chiesa ad una navata ogivale
Rovine del Cenobio Benedettino dedicato a San Simeone, in quanto i contadini della zona lo avevano scelto come patrono
Convento dello Spirito Santo, a forma di quadrilatero su due giardini.
Castello longobardo, che fu costruito intorno al 1110; ad esso si accede attraverso una grande scala. Il percorso, poi, conduce ad un portale contraddistinto da uno stemma in pietra attraverso il quale si giunge nel vestibolo. Al primo piano, nell’ala destra si trova la sala da pranzo, dove spicca una credenza in legno incassata alla parete denominata “comedor”; a sinistra, invece, si trova la grande sala del giuramento, al centro della quale si nota il trono in legno scolpito e dorato sormontato da uno stemma. Al piano terra si trovavano una stanza ed una cucina per il maggiordomo, oltre agli uffici per i segretari. Nei sotterranei si trovavano le cantine, un forno ed un locale detto “larderia” adibito a deposito di lardo e carni insaccate
Valle del torrente Torno, da cui si supera un valico a mille metri per poi ridiscendere e inoltrarsi nella faggeta, un bel bosco maturo dove si possono trovare tronchi che superano i tre metri di diametro. Questi boschi sono eccellenti rifugi per il lupo, rarissimi nell’Appennino campano. Al di sopra delle cime dei faggi spiccano lucenti le pareti calcaree da dove, di tanto in tanto, si stacca la sagoma di un grosso rapace, una poiana o un nibbio; ma può anche trattarsi, in casi del tutto eccezionali, di un individuo erratico di aquila
Grava di Vesalo, di grande interesse speleologico e scientifico, uno dei fenomeni carsici più famosi agli speleologi d’Europa. Rappresenta il più grande inghiottitoio nel complesso appenninico Alburni - Cervati.Un inghiottitoio è una cavità, generalmente a forma di imbuto, che si forma a causa del processo di scioglimento delle rocce carbonatiche (come i calcari, le dolomie, i marmi) rese solubili da una reazione tra acido carbonico (anidride carbonica in soluzione acquosa) ed il carbonato di calcio di cui le rocce sono composte. La notevole umidità e la particolarità del suolo hanno consentito lo svilupparsi di particolari forme di flora e fauna. La maggior parte di queste caverne sono visitabili solo dagli speleologi
Storia...
Le più antiche testimonianze archeologiche dell’alta Valle del Calore risalgono al Neolitico finale – fine IV inizio III millennio a.C. L’epoca della fondazione è alquanto incerta, ma da quello che si sa sui Sanniti Pentri, venne fondata probabilmente nel III secolo a.C. (278 a.C.) nell’epoca geologica Terziaria. Grazie alla sua posizione dominante sull’alta valle del Calore, alle pendici del Monte Cavallo, Laurino fu considerato da sempre un borgo fortezza, tanto da subire, dopo la dominazione romana, la conquista e l’influenza dei barbari e dei popoli confinanti.
Laurino, fin dalle origini, seguì le sorti di Roma, tanto nell’epoca repubblicana quanto in quella imperiale, e provò le vicissitudini dei vari popoli barbari che invasero la penisola. Con la loro invasione si introdusse nella società l’istituzione della feudalità. Distrutto da Federico II° per essersi schierato con la fazione guelfa, affiancandosi ai Sanseverino, Laurino passò proprio a quest’ultima famiglia nel 1273. Fu difeso da re Carlo, nel 1296, che vi inviò uomini armati, e per ripagare i Laurinesi della fedeltà, li esonerò dal pagamento delle tasse per 10 anni. Ritenuti ribelli e facenti parte della congiura dei baroni, i Sanseverino (Guglielmo, conte di Capaccio) furono spossessati della baronia, salvo essere reintegrati nei loro beni da re ferrante nel 1496 da Federico d’Aragona e da Ferdinando il Cattolico nel 1506. Ma risorse dalle rovine ritornando a nuovo splendore nel XVI sec., quando fu riconosciuta Civitas Laurini con piena autonomia giuridico-amministrativa.
La piazza principale, per la sola presenza del “seggio” o foro, rammenta l’epoca gloriosa dei comuni. Durante questo periodo raggiunsero Laurino molti artisti, letterati, giureconsulti; fu paese di artigiani di gran pregio ed illuminati cultori della terra. Nel corso dei secoli gli abitanti di Laurino hanno sempre dimostrato grande senso civico e solidarietà, come dimostrano le opere di beneficenza e le costruzioni di alcune opere pubbliche come nosocomi ed orfanotrofi. Dopo alcuni anni di alterne vicende, Laurino fu dominata da vari duchi, dai Monteforte ed i Sanseverino ai Carafa ed agli Spinelli.
Anche Laurino fu coinvolta nella rivoluzione partenopea e nei moti cilentani, dove perse alcuni suoi figli. Mentre Pio IX, eletto Papa, diede l’avvio al risveglio di libertà e di Unità con una generale e larga amnistia, il 12 gennaio 1848 scoppiava la rivolta a Napoli ed a Palermo. Da Napoli partiva Costabile Carducci di Capaccio in compagnia del siciliano Leipnecher e di De Mattia di Vallo della Lucania per promuovere la rivolta del Cilento, che si sollevò, ed a Vallo si insediò il I Governo Provvisorio. Re Ferdinando fece subito partire da Napoli il Colonnello Carlo Lalle con alcune compagnie di soldati e due pezzi di artiglieria; costui sostò ad Eboli una notte e quindi marciò puntando direttamente su Laurino, essendo stato informato che qui si erano radunati tutti i liberali della zona. Dopo una faticosa marcia di 4 giorni giunse nei pressi del paese dove avvenne la battaglia di Laurino. La sua resistenza fu eroica, ma costò la vita a diversi eroi. Alle ore undici Laurino, sopraffatta dalle forze nemiche, capitolava ed il Santangelo, al quale il Colonnello chiese perché non avesse innalzato la bandiera bianca, rispose che Laurino conosceva una sola bandiera: quella della Patria. Il paese si sacrificò sull’altare della Patria e venne saccheggiato e distrutto dalle fiamme. Tutti i morti di Laurino rimasero ignoti perché i nemici registrarono solo i forestieri per evitare ulteriori persecuzioni.
Come avviene in tutte le guerre, non mancò neanche a Laurino chi approfittò del caos generale per praticare soprusi: la notte del 7 ottobre 1806 il capomassa Nicola Tommasini invase Laurino, saccheggiandolo. Negli anni che seguirono le scorribande continuarono: nell’incertezza di un ritorno di Ferdinando molti si diedero alla macchia e da allora cominciò quell’azione clandestina di violenze e di soprusi che sfociò nel fenomeno del Brigantaggio, anche se inteso più come lotta per un ideale. La banda di Giuseppe Tardio si allargò fino a comprendere 2000 uomini, di cui fecero parte un centinaio di Laurinesi ed ebbe il suo quartier generale in Pruno di Laurino. Al vero brigantaggio aderirono solo 4 o 5 Laurinesi. Il Tardio assunse il grado di Maggiore: il 14 ottobre la sua banda si scontrò con la Guardia Nazionale di Corleto Monforte, lo scopo della quale fu sempre politico, credendo in un ritorno di Federico II. Dopo di lui la sua banda probabilmente si diede ad azioni degne del vero brigantaggio. Dopo numerose vicende fu arrestato e condannato all’esilio nell’isola di Favignana, e in seguito, quando l’Italia passò sotto un re Italiano, indossò il tricolore e servì la Patria fino alla morte, avvenuta nel 1832.
Laurino annovera tra i suoi figli alcuni precursori del Risorgimento. Giosué Sangiovanni fu costretto ad esulare in Francia dopo i fatti del 1799; tornato in patria fu professore all’Università di Napoli dove fondò il Museo Zoologico. Per i suoi meriti di scienziato gli fu concesso di ripartire per la Francia, dove fu insignito del titolo di Cavaliere della Legion d’Onore. Suo figlio Roberto combatte con Garibaldi come suo medico personale; dopo diverse vicende, che gli procurarono la Medaglia d’oro quale “Benemerito della salute pubblica”; escogitò un sistema di alimentazione nuovo per non affaticare lo stomaco a base di estratti di frutta e di carne essiccata. La distruzione del paese, comunque, non scoraggiò i Laurinesi che continuarono a lottare per il Risorgimento della Patria in tutte le guerre per l’indipendenza e notevole fu il contributo nelle due guerre.