Stio
Stio, paese ricco di castagneti, fu il paese dei pastori, dei mercanti e della Fiera della Croce, il grande evento che vedeva affluire mercanti dall’Italia e dall’Europa a caccia di prodotti pregiati, come la seta, tradizione che ha saputo conservare, insieme agli antichi edifici, vicoli, archi e case rurali.
Il territorio stiese è a forte predominanza collinare. Il paesaggio, tipico della zona preappenninica, è costellato per lo più da rilievi arrotondati, i cui pendii scivolano verso valle a volte in maniera graduale ed a volte formando ripide pendenze. I versanti delle colline, interrotti da profondi e stretti valloni, terminano in basso formando ristrette aree pianeggianti solcate da esili torrenti.
Da visitare la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, di cui restano nella parte bassa del paese estesi ruderi, tra i quali si conserva in discreto stato il campanile monofaccia in pietra. Ha orientamento Ovest-Est con ingresso nella parete ovest, il che fa ipotizzare un primo insediamento di rito italo-greco.
Da non perdere la Festività del Santo Patrono Pasquale Baylon. L’origine della devozione al santo spagnolo fu dovuta ad un frate del convento francescano di Gioi. Costui, con le sue prediche, accese la devozione a San Pasquale nel cuore dell’arciprete del tempo don Nicola de Matthaeis, che la trasmise al popolo (17 maggio ed ultima domenica di agosto).
Cosa Vedere...
- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, di cui restano nella parte bassa del paese estesi ruderi, tra i quali si conserva in discreto stato il campanile monofaccia in pietra. Ha orientamento Ovest-Est con ingresso nella parete ovest, il che fa ipotizzare un primo insediamento di rito italo-greco
Chiesa di San Giovanni Battista con l’altare maggiore ove sono murate le reliquie dei santi Gaudenzio, Modesto e Crescenzio
Cappella di Santa Maria della Croce, il cui nome deriva dalla presenza di una preziosa reliquia della Croce di Cristo che la leggenda vuole vi sia stata portata per ordine di San Nilo. Notevole fu l’afflusso di pellegrini nel giorno di festa della Vergine, l’8 di Settembre. La concentrazione di devoti attorno alla chiesa era anche occasione di commerci e scambi che gli accorti monaci del cenobio favorirono con lungimiranza tutta benedettina. Attorno alla cappella sorse un mercato periodico “nundinae” che, in poco tempo, diede luogo alla più importante fiera, che prese nome proprio dal cenobio: “fora de S. Marie de Cruce”
Cappella di Santa Maria degli Angeli. A pianta quadrata, è priva di finestre e nelle pareti laterali interne presenta due vani ad arco con sedili in pietra. Nella nicchia sopra l’altare, decorato a stucco di stile barocco molto grezzo, vi è una piccola statua fittile in malta policroma della Vergine rappresentata in piedi col bambino posto sul braccio sinistro. Sul tetto della cappella, coperto ad embrici, vi è una struttura campanaria composta da tre blocchi di pietra massiccia lavorata a scalpello con campanella
Cappella di Santa Sofia. A pianta quadrata e struttura muraria in pietra ad intaglio locale, copertura a due spioventi con embrici, sulla cuspide del tetto vi è una struttura campanaria con campanella. L’interno è spoglio, alla parete sopra l’altare è affisso un quadro di discrete dimensioni ove sono le figure aprospettiche dei santi protettori dalla peste: Santa Sofia, San Rocco, San Sebastiano e San Gaetano da Thiene
Cappella di Sant’Elia. É stata abbandonata intorno al 1860 e trasformata in stalla – fienile. Sant’ Elia ebbe culto diffuso in tutto il circondario, in quanto ritenuto nel mondo contadino come il Santo che propiziava la pioggia. Il 20 Luglio da Stio e da Magliano si andava in processione alla cappella portando una piccola statua lignea del santo, custodita nella chiesa parrocchiale (statua scomparsa) . Oltre la statua si portava in processione anche “il cinto re santo Lio”, formato da un lungo filo di lino intrecciato ed intriso di cera vergine; il cinto veniva avvolto in tre giri tutt’attorno alla cappella e li lasciato a consumarsi. Era un rito particolarmente sentito negli anni più siccitosi. La processione alla cappella ed il rito del cinto sono rimasti in auge fino al primo decennio del XX sec.
Storia...
Il toponimo deriva dal latino “Aestivus”, forse nel senso di pascoli estivi. Nel periodo Neolitico, circa 10.000 anni fa, pastori preistorici provenienti dalla pianura pestana, attraverso la valle del Calore giunsero a Stio. Le fonti letterarie attestano la presenza di abitatori indigeni che i romani dissero Ausoni ed Enotri, ai quali seguirono nel V- IV sec. a.C. i Lucani, che diedero il nome a tutta la regione tra il Sele ed il Bussento e tra il Tirreno e lo Jonio. La presenza Lucana nel territorio è documentata dai reperti provenienti dal sito archeologico di “Chiano Rosario-Casalicchio”. Per il tipo di reperti trovati fa ipotizzare che esso fosse un insediamento stabile e non stagionale legato alla transumanza dei pastori lucani. E forse era ancora in vita in epoca romana come fa pensare il termine Casalicchio che deriva da “casalicolum” (piccolo casale).
Altre notizie storiche risalgono intorno all’anno 1000. Dopo il paese appartenne allo Stato di Magliano, del quale facevano parte quattro Università (inteso come Comuni) autonome: Magliano Vetere, Capizzo, Gorga e Stio; ognuna dotata di un proprio sigillo che per Stio è rappresentato da tre martelli su un leone rampante. A partire dal 1771 incominciarono le liti tra l’Università di Stio e le altre. Con tali liti l’Università di Stio sosteneva che, essendo il numero dei fuochi (abitanti) maggiore agli altri, portava un maggiore onere alla Regia Corte; gli altri casali si opponevano con decisione sostenendo di aver posseduto e di possedere in comune i fondi Gaudo, Montagna di Piano, Costa, Monte, Vescegline e Cannicchio. Oltre a questa lite, se ne ebbero altre con l’Università di Magliano e con la sua chiesa di Magliano, che terminarono definitivamente nel 1880.