Valle dell’Angelo
Ad un’altitudine che supera i 600 metri, sorge, custode di antiche tradizioni, Valle dell’Angelo, immerso nella Valle del Calore, cuore verde del Parco del Cilento, alle falde del monte Ausinito che lo chiude da sud. Si caratterizza per un paesaggio collinare e montano che conferisce alla località un aspetto ameno, impreziosito dalla natura salubre del clima. Scendendo dal centro abitato verso il fiume Calore si gode lo spettacolo dei monti circostanti, che incombono sulla vallata percorsa dall’acqua, richiamo che ristora chi desidera ritemprare il proprio spirito in una natura incontaminata.
Di grande bellezza è il centro storico, raccolto ed uniforme, fatto di vicoli, stradine, portali in pietra calcarea locale, e piccole scalinate che conferiscono al paese un fascino inconsueto, conservatosi in tutta la sua preziosità, tanto che ha meritato l’apprezzamento della Facoltà di Architettura dell’Università Federico II di Napoli. A Valle dell’Angelo vi è una delle vie più strette d’Italia, la suggestiva via Flavio Gioia.
A Pruno di Valle dell’Angelo, minuscolo borgo rurale sito nell'omonima località, tra i 600 e gli 800 metri di altitudine, vive una piccola comunità in volontario esilio, dedita ad uno stile di vita tipico della più autentica cultura contadina. Isolati per scelta di vita, ma anche a causa di una pessima viabilità, che in inverno non consente di raggiungere il comune, se non in elicottero, gli abitanti di Pruno si dedicano alla coltivazione e all’allevamento del bestiame, conducendo uno stile di vita oggi ricorrente solo nei poemi bucolici; tuttavia, hanno scelto di restare a Pruno, rifiutandosi di andare a vivere a Valle, dove certamente avrebbero maggiori comfort, e qui vivono in una singolare forma di solidarismo, aiutandosi l’un l’altro. Pruno è stato riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità, essendo l’ultimo esempio di comunità scomparse da oltre mezzo secolo. È un vero e proprio museo vivo della civiltà contadina.
Valle dell’Angelo è stata definita città di bambini, titolo sancito durante l’incontro della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo, in seguito a cui è emerso che Valle si offre ai bambini come loro “città ideale”
Da visitare la Chiesa di San Barbato, il cui culto è di derivazione longobarda. Presenta tre navate e tre ingressi. L’ingresso principale è costituito da una porta in legno massiccio con un elegante portale in pietra scolpita. Al centro del portale sono raffigurati i simboli di San Barbato, cioè libro e mitra vescovile. Imponente è il suo altare maggiore, mentre di pregevole fattura settecentesca è il coro ligneo.
Cosa Vedere...
- Palazzo Mazzei, datato 1881
Palazzo di via Colle Fiorito datato 1878
Palazzo Vertullo del XVII sec.
Palazzo Rubano e Caputi, datato 1897
Palazzo Coccaro di inizio ‘900
Chiesa di San Barbato, il cui culto è di derivazione longobarda. Presenta tre navate e tre ingressi. L’ingresso principale è costituito da una porta in legno massiccio con un elegante portale in pietra scolpita. Al centro del portale sono raffigurati i simboli di San Barbato, cioè libro e mitra vescovile. Imponente è il suo altare maggiore, mentre di pregevole fattura settecentesca è il coro ligneo
Chiesa di Santa Barbara con tre ingressi; quello principale è caratterizzato da un elegante portale in pietra scolpito intorno al XVIII sec. Al centro del portalevi sono esposti i simboli di Santa Barbara, libro e mitra vescovile. La chiesa possiede un elegante campanile. Maestoso è il trono di San Barbato
Cappella di San Sebastiano nella quale si trovano le statue di San Rocco e Sant’Elia
Grotta dell’Angelo, sul Monte Ausinito, che custodisce la statua dell’Arcangelo Michele in atteggiamento di difesa. Un braccio è spezzato e l’altro regge uno scudo recante la scritta Quis ut Deus? ( Chi come Dio? ). Il culto dell'Angelo rievoca l’antica presenza longobarda: i Longobardi, infatti, solevano adibire gli antri scavati nella roccia a luoghi di preghiera. Il culto dell’Angelo a Valle dell’Angelo trova conferma nei resti di alcuni insediamenti di monaci orientali ritrovati sul territorio
Gole del Festolaro
Boschi Medicale e Mercuri
Storia...
Fondato con molta probabilità dai monaci basiliani italo - greci, i quali provenivano dalla Siria e dall’Epiro ed erano perseguitati dagli imperatori bizantini nell’VIII - IX sec. a causa della lotta iconoclasta, si rifugiarono nel Cilento. In origine Valle dell’Angelo era casale di Laurino. Era infatti denominato nella Regia Camera con il nome di Laurino Le Chiaine Soprano o Laurino Soprano. Alcuni autori ritengono che sia stato edificato per come luogo di riparo durante le transumanze, tanto che vi sono due siti nell’abitato, l’uno chiamato Zaccaro e l’altro Porcile. Proprio ai monaci italo - greci si deve l’opera di risanamento attuata a Valle dell’Angelo, da cui l’economia trasse notevole benefici, soprattutto in seguito alla devastante guerra greco-gotica del VI sec. Intorno ai conventi fondati dai basiliani si raccolsero pastori e gente di luoghi vicini per dissodare le terre, coperte da secolari impenetrabili boschi, adattandole a coltivazioni di viti, ulivi, leguminose ed altro. In origine questa gente viveva in capanne di legno, poi in piccoli vani di pietra, coperte di terra battuta, e, quindi in altre abitazioni più grandi, coperte di tegole di creta cotta, sorrette da rigidi travi di legno. La presenza dei monaci italo - greci in questa vasta zona è testimoniata anche dal fatto che gli abitanti di Valle dell’Angelo sono denominati “li Piroti”.
Dal 1363, Valle dell’Angelo passò sotto la giurisdizione della Badia di Cava. Dopo alterne vicende feudali, il casale fu acquistato da Roberto Sanseverino, Principe di Salerno.
Con l’istituzione della Repubblica Partenopea l’Albero della Libertà a Valle dell’Angelo fu innalzato dopo il capodanno del 1799 davanti alla chiesa di San Barbato. L’entusiasmo generato dagli ideali di libertà presto andò scemando, quando i repubblicani cominciarono a compiere atti di violenza inaudita che degenerarono nell’anarchia. Anche a Valle dell’Angelo si verificarono atti di violenza. Dal 1820 al 1860 vi furono annose controversie inerenti alla questione demaniale. Migliaia di tomola di terreno, fra quelli alienati dal demanio e quelli dai grossi proprietari terrieri, erano entrati in circolazione, dando vita a nuovi proprietari che, d’accordo con i vecchi feudatari, originavano un fronte insormontabile di resistenza ad ogni richiesta dei comuni e soprattutto dell’enorme schiera dei contadini, che rimasero esclusi da ogni assegnazione. Proprio per il desiderio di vedere ristabilita la comunità delle terre, diedero vita a gruppi di rivolta, tra cui quello della “Fratellanza”, in cui operarono anche due cittadini di Valle dell’Angelo, Antonio Pisciottano e Andrea Mastrandrea, i quali avversarono profondamente i Borboni, contro i quali congiurarono duramente. Lo stesso fece Barbato Andreoli, che si affiancò ai Capozzoli di Monteforte. Cooperarono nella programmazione dell’insurrezione cilentana del 1828 e 1848, attuando contratti segreti con i più noti cospiratori del Cilento. A Valle dell’Angelo il brigantaggio non fu molto diffuso, grazie alla Guardia Nazionale che operava sul posto, attenta a sopprimere qualsiasi forma brigantesca, anche se a Valle dell’Angelo il malcontento era più vivo che altrove per via degli irrisolti problemi di coloni, braccianti e pastori. Tra gli affiliati al gruppo di Giuseppe Tardio, noto brigante di Piaggine Soprane, vi fu Pietro Lucido Rubano, nato a Valle dell'’Angelo il 29 maggio 1804, che partecipò alle sommosse organizzate dal brigante, il quale, tuttavia, perse molti dei suoi adepti, mentre altri lo abbandonarono.
Nel corso dei secoli, Valle dell’Angelo è stata colpita da diversi eventi catastrofici che aggravarono la situazione già disastrosa in versava. La tragica peste del 1656 coinvolse anche Valle dell’Angelo con gravi danni, causando una vera e propria strage, che decimò la metà della popolazione.
Nel novembre del 1818 Valle dell’Angelo fu colpita da una tremenda alluvione, causata da due giorni e due notti di interrotto nubifragio. In questa triste circostanza il paese rimase isolato perché le vie di comunicazione erano interrotte; ma anche la situazione all’interno del centro abitato fu tragica: le case subirono ingenti danni, la piazza si allagò. Solo con l’intervento repentino del sindaco di allora, Donato Bruno, il quale riunì il Decurionato per decidere sul da farsi, si affrontò in modo decisivo il grave problema. Senza attendere le varie autorizzazioni, si diede inizio agli interventi: furono eretti nuovi muri di contenimento, risistemati gli argini e ripulite le strade.
Dopo più di un secolo dalla peste che aveva procurato danni ingenti, nel 1764 si verificò una grande carestia, che decimò buona parte della popolazione. Nel mese di febbraio stranamente fece poco freddo, ma da maggio in poi imperversarono violenti acquazzoni che causarono gravi danni alla già povera agricoltura.
In questo periodo molta gente moriva di fame, la gente mendicava; qualche studioso parla anche di episodi di cannibalismo dovuto alla grande fame. I prezzi dei prodotti salirono inesorabilmente. La cosa vergognosa fu che i grandi proprietari terrieri ed i ricchi nascondevano i prodotti per venderli in seguito a prezzi esagerati, tanto che furono denunciati senza essere per questo condannati. In seguito a questa carestia derivò la peste che coinvolse tutti i paesi del territorio.
Intorno alla metà del 1800 si diffuse il morbillo, che causò molte vittime soprattutto tra i bambini, nonostante le autorità di competenza ritenessero che il fenomeno non era molto grave.
Poi, nel 1911, Valle dell’Angelo fu colpita dal colera e la situazione si rivelò così tragica che fu inviato sul posto un medico di Salerno, il quale adottò misure drastiche per limitare i danni provocati dal morbo.
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